Facebook, il social network che dall’anno scorso ha fatto il boom anche in Italia, dopo essere partito dagli USA (e da dove se no?), oggi conta non solo più di 200 milioni di amici, ma anche nuovi stuoli di nemici e di critiche. Viene definito il portale dei perditempo e dei guardoni, dannoso e inutile per stabilire rapporti veri. Trovato l'ex fidanzato, l’ex compagno di classe, fatta «amicizia» con il cantante preferito, cosa resta di Facebook? Solo persone che non sentivi prima e che continui a non sentire dopo; presunti «amici» ai quali non hai mai mandato nemmeno un messaggio, ma che sono lì a mostrare a tutto il «Facebookmondo» che la tua rete sociale è ricchissima. Fino all'assurdo: i gruppi «Io non sono su Facebook» e «Io odio Facebook», cliccatissimi in inglese, proprio dagli utenti registrati.
Aumentano così i “suicidi”, ovvero le rimozioni dei profili dalla Rete, per mancanza di privacy, per stanchezza di un sito in cui in fin dei conti c’è poco da fare, per evitare furti di dati o di identità. Qualche esempio? Il Premio Campiello Opera Prima 2006 spiega sul "Corriere": «Su Facebook ci sono quattro Marco Missiroli e nessuno di quelli sono io. Così sono diventato lo scrittore stronzo che non risponde ai messaggi. Non è solo un discorso di privacy. Non mi piace forzare i legami, accelerare le mie emozioni. Facebook è un illusionista: è una vetrina sociale di rapporti falsi. Ha fatto aumentare tradimenti, divorzi, violenze. Sono l'unico a scrivere le lettere come una volta?».
Su "Vanity Fair" Daria Bignardi scrive: «Non sono fatta per amare a metà... Ma con 4.959 amici e 7.096 in attesa di essere accettati, capite che mi sta venendo l'angoscia?».
Lo psicoanalista Fulvio Scaparro, sempre dal "Corriere", si chiede: «Qual è il vantaggio di mettersi in mostra su una piazza virtuale con il pretesto di fare incontri interessanti? Amicizia e amore acquisiscono valore con la riservatezza. La loro prova è nel quotidiano, nel frequentarsi, nel litigare: sono qualcosa di prezioso che presuppone lentezza. Ricevo molte lettere di genitori e insegnanti preoccupati».
Addirittura, nella città di Kediri, in Indonesia, il Consiglio degli Ulema del più grande Stato musulmano del mondo si è impegnato in un processo contro Facebook. Se in molti Paesi musulmani, e non solo, le potenzialità di Facebook temute dalle autorità sono quelle politiche, in Indonesia il nemico è invece il sesso illegale. La ricerca di nuovi contatti e le relazioni online portano infatti alla lussuria, proibita dall’Islam, e al sesso illecito e pornografico fuori dal matrimonio.
Ma lui, l’imputato, come risponde alle accuse? «La gente usa il network per restare in contatto con parenti e amici, per sapere cosa accade nel mondo», dichiara Debbie Frost, portavoce di Facebook, con una certa sorpresa per la crociata indonesiana. «Ma tantissime persone e organizzazioni la usano per promuovere programmi e campagne positive». E questo è particolarmente vero in molti Stati musulmani dove la situazione politica (e non religiosa) impedisce o limita altre forme di aggregazione.
Intanto l’avanzata di Facebook nel Paese ha registrato tassi da record (+645% nel 2008). L’Indonesia, secondo le classifiche della società di ricerca Alexa, è oggi quinta al mondo per utenti registrati dopo Usa, Gran Bretagna, Francia e Italia. A fronte di tanto entusiasmo, una fatwa anti-Facebook sembra così destinata a non cambiare granché nel Paese.
Ora la domanda è: le proteste riusciranno quindi a eliminare i peccaminosi e nullafacenti utenti da Facebook, o servirà una nuova moda, un nuovo gioco per spostare l’attenzione altrove? Mark Zuckerberg, ideatore del controverso “Faccialibro”, non sembra preoccuparsene: il sito “inutile” vale 15 miliardi di dollari (Microsoft ne ha sborsati 240 milioni per acquistarne l'l,6%) e lui è uno dei venticinquenni più ricchi d’America. Ecco il vantaggio di avere tanti amici.